mercoledì 4 gennaio 2017

Giovani (e) vecchi

“ Ma chi sono i giovani vecchi?” Mi chiese preoccupato un giovane serio. “Sono quelli che si adeguano facilmente ai riti dei più vecchi senza portare la loro visione del mondo e le loro speranze”.

I giovani non hanno vissuto le esperienze delle precedenti generazioni e tendono a distaccarsene, per recidere il cordone ombelicale con la famiglia, come è naturale che sia. Vogliono scoprire la realtà con i loro occhi, trovare qualcosa per la quale valga la pena di lottare, senza i condizionamenti di chi li ha preceduti e la militanza nei partiti di oggi, avendone viste la delusione delle generazioni precedenti e la lontananza dai problemi dei giovani. Sanno bene che andare in piazza a gridare “Lavoro, lavoro” non basta per materializzarlo. 

Gli ideali di sinistra per loro sembrano un mix di retorica e di conquiste in parte già ottenute come il welfare, che aiuta però solo chi già lavora o è anziano. Nonostante ciò, molti s’impegnano, ma nel volontariato.
Resta però la necessità di legare questo entusiasmo nascosto e la “sfrontatezza” della gioventù con l’esperienza di chi ha già vissuto altre storie per cercare assieme nuove strade su cui trovare un consenso più ampio. Matteo Renzi aveva cercato di aumentarlo attorno alle proposte del PD, ma alcuni errori durante il percorso e le difficoltà oggettive di questo periodo l’hanno limitato. Restano così legati al PD pensionati e dipendenti pubblici, che sono poco stimolati a sperimentare su stessi il rinnovamento necessario per creare lavoro, sempre più diverso dal passato.

La priorità di Renzi ora è la ricerca sia di aggregazione interna sia di proposte non divisive che possano portare più elettori attorno a un progetto per le prossime elezioni nazionali.
In periferia servono però progetti d’interesse locale e persone credibili in grado di trovare un consenso intergenerazionale, anche in previsione delle prossime elezioni regionali e locali, forse vicine. Per queste si potrebbero aprire nuovi scenari per il centrosinistra tanto da prevedere candidature non di stretta appartenenza al PD.

Serve quindi la capacità di guidare il partito e di coordinarsi con chi riterrà di far parte di un’alleanza di centrosinistra. I risultati dell’attuale segreteria regionale sono stati purtroppo molto deludenti e non si vede come questa possa perseguire questi obiettivi e cambiare rotta dopo le recenti pesanti sconfitte, senza che sia stato dato da tanto tempo un segnale di aver compreso il giudizio degli elettori. Non può essere quindi la guida del PD regionale chi ha perso tutto il possibile, capace solamente di continuare a portare all’attenzione pubblica vecchie valutazioni e progetti immodificati, validi per molti aspetti, ma oramai bocciati. Va invece ricostruito un percorso di proposte assieme a chi intende partecipare, finora lasciato da parte.


La prossima Assemblea provinciale del PD dovrà portare indicazioni chiare, pena la perdita di fiducia del nostro elettorato. In questo senso, è oramai incomprensibile l’ostinazione di questa segreteria regionale a restare alla guida del Partito Democratico regionale, tanto più che Renzi ha dato un segnale chiaro: quando si perde nettamente, si danno le dimissioni.

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