mercoledì 23 dicembre 2015

Lettera del SSN a Babbo Natale

So bene che pochi leggeranno questa lettera del GIMBE- Nino Cartabellotta-SSN a Babbo Natale. Ma è bella e importante. Una bella sintesi su cosa si dovrebbe/potrebbe fare per migliorare la nostra sanità, che interessa a pochi quando stanno bene.

martedì 22 dicembre 2015

Le multe al Mercato coperto

La spiegazione fornita dal comandante della Polizia locale Abbate potrebbe ben chiudere la polemica sulle sanzioni date ai commercianti del Mercato coperto. L'amarezza è ben comprensibile vista la consistenza delle sanzioni stesse, ma le strumentalizzazioni politiche create su questo episodio non favoriscono la comprensione dell’accaduto e la convivenza civile. Mi sembra che ci sia qualcuno che voglia proteggere chi ha sbagliato, nonostante sia stato sollecitato a mettersi in regola. Le scorrettezze vanno bloccate, anche se possono nascere solamente da superficialità, ma sempre scorrettezze sono. Ritengo che si potrà lavorare per introdurre una gradualità della sanzione in casi simili, anche per non penalizzare l’attività commerciale, ma senza favorire chi opera scorrettamente, creando svantaggio a chi lavora seriamente, come è la maggioranza degli operatori. Questa è la differenza tra chi intende amministrare al meglio la nostra città e chi vuole solo visibilità.


"Dopo le innumerevoli polemiche - per lo più strumentali - e i commenti d’istinto di alcuni lettori, credo siano necessarie e doverose alcune precisazioni tecniche per offrire a tutti qualche strumento in più di lettura sui controlli al Mercato coperto di via Carducci. La Polizia locale è intervenuta su specifica sollecitazione di alcuni commercianti del Mercato stesso, affinché ci fosse un sostanziale rispetto delle regole, in particolare sull’occupazione degli spazi concessi. Il 14 dicembre sono stati controllati tutti i 34 operatori presenti: 23 di essi erano in regola con gli spazi occupati, 11 invece no. Come possono essere tutelati i 2/3 dei commercianti corretti? Ad ogni buon conto, e consapevoli dell’impatto di una sanzione commerciale sul bilancio di un’attività, nel periodo precedente i controlli i responsabili del Servizio commercio del Comune hanno richiamato più volte gli operatori del Mercato a restare entro gli spazi fissati dalla loro concessione. Lo ripeto: non uno, ma più richiami. Lo spazio concesso rientra nei meccanismi della leale concorrenza ma è anche fondamentale per la sicurezza dei luoghi, quando lo sconfinamento va ad ostruire completamente o quasi i camminamenti: se nella routine quotidiana possono costituire un noioso intralcio, in caso di emergenza possono fare la differenza tra la vita e la morte. È meglio controllare prima o stracciarsi le vesti dopo, incolpando l’amministrazione di inerzia? I verbali non hanno punito i commercianti per aver occupato «pochi centimetri in più», ho letto anche questo. Parliamo di 17, 20, 27 cassette di frutta/verdura; occupazione degli spazi di altri commercianti o sui camminamenti. Due metri quadrati in più non sono irrisori, proprio per i motivi di sicurezza e sana concorrenza commerciale appena accennati. Ricordo ancora, a chi chiede quali siano le leggi e chi le abbia fatte, che il regolamento del Mercato è stato approvato nel 2000 dal Consiglio comunale dell’epoca e che le sanzioni sono stabilite dalla legge regionale sul commercio (n.29/2005, art.43). La Polizia locale è deputata ai controlli ed è tenuta ad applicare queste specifiche norme, non certo a stabilire le regole né tantomeno l’importo delle sanzioni. Preciso infine che i controlli al Mercato sono una piccola parte dell’attività della Polizia locale, da sempre attiva in numerosi settori della sicurezza cittadina: polizia stradale, edilizia, sicurezza ambientale, giudiziaria, commerciale, tributaria e per la sicurezza urbana. In ogni campo effettuiamo al meglio tantissimi controlli. Ma tutti sono legati da due fattori comuni: sicurezza e serena convivenza. Sergio Abbate Comandante della Polizia locale"

mercoledì 4 novembre 2015

Assenteismo e licenziamento

Diritto al lavoro o all'assenteismo? Certe dichiarazioni di sindacalisti, dopo quella del ministro Madia, fanno sorgere qualche dubbio, che non fa onore al sindacato

domenica 25 ottobre 2015

Legittima difesa o legittima paura

Sulla legittima difesa ecco i 3 criteri secondo Francesco Occhetta: la necessità di difendersi, l’inevitabilità dell’offesa e la proporzione fra la difesa e l’offesa. Ma se ti dicono che puoi vincere le tue paure con una semplice pistola non c'è ragionamento o legge che tenga. E chi te lo dice, ti capisce e quindi diventi tutt'uno con lui. E lo voti.

venerdì 9 ottobre 2015

Quando la protesta della CGIL non aiuta chi si vuole proteggere

La sindacalista Giacaz della CGIL funzione pubblica di Trieste usa parole dure, sfiduciando non solo la Regione ma, di fatto, anche il Commissario Straordinario Delli Quadri, assieme ai professionisti del Servizio Sanitario Regionale, ingenerando una sorta di sfiducia tra la popolazione verso una delle più importanti strutture pubbliche della città, l’ospedale.

Punta il dito contro il Pronto Soccorso di Trieste, area calda anche nei migliori ospedali del mondo, con critiche non costruttive, senza proposte, se non quella nostalgica di chiedere genericamente più risorse da mettere nel pozzo senza fondo della sanità. Ignora, forse, che questa Regione si sta impegnando a portare maggiori risorse alla sanità e al sociale, ben più di altre, anche in un momento di crisi economica come questo.

 Proprio la CGIL aveva salutato questa riforma come innovativa e avanzata, dopo anni d’immobilismo che non avevano ricevuto simili critiche. Questa riforma, seppur complessa e ambiziosa, punta sulla riorganizzazione del sistema, riconoscendo la necessità di potenziamento del territorio per aiutare i pazienti e anche le famiglie a gestire gli anziani e la cronicità.

Riorganizzare significa prima individuare, poi eliminare sprechi e inerzie, per aggiungere poi risorse che siano veramente produttive. Questo è un percorso complesso, già avviato, che richiede i suoi tempi e non solo generiche parole d’ordine sociali, con il coinvolgimento dei professionisti e dei pazienti. Conosco bene le sofferenze di entrambi e apprezzo la professionalità degli operatori. Non servono parole e atteggiamenti lobbistici, bensì la volontà di lavorare assieme per la comunità, migliorando i servizi già di alto livello per i pazienti e le condizioni di lavoro dei professionisti, facendo riferimento alle migliori evidenze scientifiche, senza analisi sociologiche fuorvianti. Se c'è qualche problema nel percorso, se ne può parlare, a meno che non ci sia qualche rifiuto in tale senso. In questo caso, ciò va evidenziato.
Solo così si potrà procedere al meglio, tanto da evitare che a qualcuno venga impunemente la voglia di soffiare sul fuoco in sanità, dove le sensibilità particolari e i dolori vanno invece rispettati.

lunedì 28 settembre 2015

Un pomeriggio a Valmaura 2° puntata

Son tornato a Valmaura dopo l’arrivo dei richiedenti asilo, dopo ché Ezio Stancich  mi ha invitato a
 conoscere alcuni suoi amici. “Vedrai che loro ti racconteranno bene la situazione !”. Un po’ incuriosito entro nel bar, dove stanno chiacchierando e giocando a carte. Ezio mi presenta e cominciamo a parlare. Tony mi racconta della sua esperienza di minatore in Belgio, tempi duri quelli e che chiude bene alla sera le imposte.  Christian mi racconta delle difficoltà di gestire un ristorante e Fulvio mi dice :”Prima gli italiani!”.  E poi altri “Che li facciano lavorare” “ Non possono per legge internazionale “ Che cambino la legge!”. “ Non s i può” . Poi viene fuori sempre il fatto che hanno i cellulari, i problemi degli italiani, il governo  che dovrebbe fare di più , che se hanno i soldi per venire qua , devono averne di soldi e così via. A un certo punto si son messi a discutere tra di loro e molti hanno chiarito tanti punti controversi, che non erano altro che parole riferite ma non suffragate dai fatti. Alla fine, c’era opinione generale che questi richiedenti asilo scappano perché hanno grossi problemi e che vanno aiutati ma non a scapito degli italiani.  Son sempre più convinto che gran parte delle comprensibili preoccupazioni e diffidenze nascano tanto da un’informazione incompleta e che i problemi da loro sollevati non sono inconsistenti.  Un pomeriggio nel quale ho sentito tante storie di umanità  varia e sensibile. Se hanno cambiato un minimo  in positivo la loro opinione è solamente merito della discussione molto partecipata nella quale tutti hanno contribuito. Tornerò.

lunedì 21 settembre 2015

I rifugiati, le ronde e le paure. A Valmaura per capire

Sono andato a Valmaura per capire cosa pensano i residenti dell’arrivo dei richiedenti asilo nel capannone di Rio Primario. Ho cominciato entrando in un bar e ho chiesto alla barista se avesse l’impressione che ci fosse preoccupazione riguardo quest’arrivo. Ce ne era molta e non era un’impressione, ma una convinzione, tanto che raccoglievano firme nei bar e “tutti firmano”. Ho girato nei bar e nelle strade e questo mi ha consentito di parlare con parecchie persone, tanto da raccogliere una serie di commenti. 
C’è preoccupazione (“rubano”;”porteranno droga e malattie”;“con i lavori socialmente utili porteranno via lavoro ai locali disoccupati”…) e diffidenza (“hanno un'altra cultura”;“scappano solo uomini, quindi sono vili se lasciano la famiglia in zona di guerra”;”girano in gruppo e nei bus non lasciano il posto alle anziane”; hanno cellulari costosi!”; “le nostre donne non sono sicure”…), ma non paura. 
Mi hanno manifestato la preoccupazione che si fronteggino gruppi di giovani locali e i rifugiati. Questo sembra anche a me un problema reale, soprattutto se alimentato dalle “ronde di volontari” che potrebbero creare un pericoloso spirito di emulazione dei personaggi di tanti film. Nell’insieme, però, non ho incontrato sentimenti realmente ostili, anzi, anche molta comprensione delle difficoltà dei richiedenti asilo (“il nuovo spaventa sempre”;”scappano dalla guerra”;“avranno freddo d’inverno in quel capannone”), assieme a tanta preoccupazione, alimentata certamente anche dalla raccolta di firme per motivi elettorali contro questa temporanea presenza, non certo per affrontare il problema. I firmatari hanno trovato evidentemente solamente questa possibilità per farsi sentire.
Penso però che un’opera attiva di comprensione del nuovo fenomeno potrebbe ancora ridimensionare queste comprensibili preoccupazioni e diffidenze, tanto da evitare possibili tensioni. È comprensibile che chiunque desideri tutelare le conquiste sociali ed economiche e la stessa composizione sociale di un paese, ma questo non deve demonizzare il nuovo, perché si arriverebbe a una rigidità che blocca il dinamismo, principale motore dello sviluppo sociale ed economico. 
Trieste è in prima linea e non può esserlo da sola. Il problema deve essere affrontato a livello europeo. E non basta dire genericamente che vanno aiutati. Come non basta più dire “non li voglio qui”. Gli interventi vanno fatti in modo tempestivo ed efficiente senza che i triestini ne siano svantaggiati. 
Il Comune di Trieste ha scelto l'accoglienza diffusa, una delle risposte più efficaci in Italia. Ora ha promosso una raccolta di vestiti e coperte stimolando così una solidarietà, che si era già manifestata con la marcia degli scalzi. Questa ha smosso sicuramente delle sensibilità, anche perché ora è necessario che si comprenda che questo tipo di migrazione potrà ripetersi e non si può fermare certo con le armi o con i muri. 
Mi chiedo però se Trieste sia in grado di essere parte attiva di un welfare moderno. Deleghiamo solo alla politica e al volontariato quello che potremmo fare in molti? A cominciare dall’ascoltare le loro storie, a coinvolgerli in un processo d’integrazione, anche se temporanea, facendo conoscere loro le nostre leggi e i nostri costumi, ma anche aiutandoli attivamente almeno con quello che per noi è superfluo. Molte volte ci rifiutiamo inconsapevolmente di fare anche questo. Nessun buonismo inutile, ma comprensione del presente per avere un futuro in cui siamo protagonisti, e non confusi e indifferenti. Un Paese che non può contare sulla partecipazione popolare non ha un gran futuro. Anche l’Europa deve capire cosa vuol fare da grande, ma noi possiamo esprimere intanto solidarietà e sforzarci di intervenire e capire meglio quanto sta accadendo, dal punto di vista di una visione del modello di società che vogliamo.

lunedì 3 agosto 2015

Il dibattito sul web tra arrabbiati e polemici, senza polemisti


Senza scomodare Umberto Eco e la sua posizione sugli imbecilli delweb, , ho difficoltà a seguire alcuni post nei vari gruppi che ci sono a Trieste perché non trovo spesso un esso logico tra i vari commenti. Polemiche a non finire, molti hanno ragione a prescindere, battute che raramente fanno ridere, uno risponde al commento comparso dieci posizioni prima ma senza riferimento alcuno. E così via. In genere si scrive per la volontà di far prevalere la propria opinione o di imparare qualcosa nella discussione (difficile in poche righe) oppure dimostrare la propria capacità di ironia o simpatia ce ne sono pochi). Poi ci sono i polemici e gli arrabbiati contro tutto e tutti, i più numerosi. Non sarà perché non si sono punti di riferimento sia sul web sia nella società?

domenica 2 agosto 2015

La forza delle idee: spezzare le gambe?

Sulla pagina Facebook de Il Piccolo, nei commenti dei lettori che seguono l’articolo “Trieste, scoppia l’ennesima rissa: Ausonia Jump chiuso per 15 giorni” compare questo commento a nome di Danilo Slokar :” Kosovari e Rumeni ....ANCORAAAAA ....???!!!!!! L'idea di cominciare a spezzare le gambe potrebbe essere una soluzione ...????". E' lo stesso Danilo Slokar consigliere comunale e capogruppo della Lega Nord al Comune di San Dorligo della Valle? Se sì, è questa la nuova proposta politica della Lega Nord? Aizzare al linciaggio è una proposta politica della Lega Nord? Se sì, evidentemente mettere in primo piano delle belle facce non basta per nascondere l’animo xenofobo e far apparire un’anima violenta che per fortuna non era ancora apparsa. Ma al male non c’è mai limite.Non è accettabile affrontare così il problema della presenza di immigrati e rifugiati, che creano certamente dei problemi prima meno presenti. La Regione Friuli Venezia Giulia e il Comune di Trieste hanno messo in atto numerose misure per affrontare il problema dell'arrivo dei rifugiati e per consentire l'integrazione degli immigrati che sono necessari al mondo del lavoro nel nostro territorio. Altro si potrà fare, anche con la collaborazione dei cittadini e delle comunità degli immigrati e dei rifugiati. Ma non in questo modo, che alimenta solamente quella tensione che può portare alla violenza. Ma la Lega Nord si dissocia?

sabato 18 luglio 2015

La gente per bene e la violenza

Il pestaggio dell'Ausonia. Quelli che hanno capito tutto mi hanno augurato su Triesteprima che la mia progenie venga pestata. La gente per bene tace. Se succedesse un altro episodio di violenza, potremmo recriminare di non aver fatto nulla, " giocato sempre di rimessa e sottovalutato il problema sicurezza, non tanto l'emergenza che a Trieste non c'è, quanto la percezione dell'opinione pubblica...merito anche della stampa"? Il virgolettato riporta l'opinione di un amico.

venerdì 17 luglio 2015

Basta con le risse, basta con le paure

I recenti episodi di violenza a Trieste che hanno visto coinvolti stranieri non sono certo gli unici che son successi nella nostra città, in quanto ce ne sono stati in passato anche solamente tra italiani. Il fatto però che si tratta di stranieri provoca la solita richiesta di repressione, tipica di chi non ha la conoscenza approfondita dei problemi e non ha idee per affrontarli oppure, come è il caso della Lega Nord, “l'offerta” di ronde padane. Queste esprimono più che altro la sottocultura fanciullesca del gioco del poliziotto contro il malvivente. Nella realtà lasciamo fare questo alle Forze dell'Ordine che lo sanno fare bene, anche perché sono i primi a lavorare sulla prevenzione degli incidenti piuttosto che sulla loro repressione.
Ronde e repressione creano un circuito di rancori e diffidenze nelle due parti, ma ancor di più in chi ha una comprensibile difficoltà ad integrarsi e cerca nel gruppo la soluzione ai suoi problemi. Questo diventa così un modo per nascondere le paure, tanto da affidarsi al bullo di turno che diventa l'eroe, anche se negativo, bisognoso di dimostrare in continuo la sua forza, pena la perdita di leadership, fino ad arrivare alla violenza.
L'unico modo di prevenire ulteriori episodi di violenza e impedire un peggioramento degli attuali buoni rapporti tra le comunità presenti a Trieste è l'incontro tra le comunità stesse e i loro rappresentanti, per trovare assieme le soluzioni a una situazione che rischia di essere alimentata solamente per biechi motivi elettorali. Propongo quindi non solo il singolo incontro organizzato per i media, quanto una serie di occasioni per favorire il dialogo e la comprensione reciproca, tanto da instaurare un metodo duraturo di confronto con le persone rappresentative delle comunità, a partire dalla Consulta degli immigrati. Non può essere trascurato però che chi sceglie di venire nel nostro Paese e nella nostra città lo fa non solo per trovare lavoro, m anche perché sceglie e accetta la nostra cultura, le nostre leggi e il nostro stile di vita.
Quando riceviamo un ospite nella nostra casa, gli spieghiamo sempre qualcosa che renda confortevole la sua presenza e non lo lasciamo all'oscuro di tutto ciò che potrebbe creare a lui e a noi qualche problema. Ritengo quindi che spetti a noi triestini fare il primo passo, anche se assieme poi sarà più facile trovare le soluzioni.

giovedì 25 giugno 2015

Il popolo del PD e la nuova Italia.

Questo, più o meno, è quanto ho detto oggi all'assemblea provinciale, rispettando il tempo dei 4 minuti. Ne sono "orgoglioso" (del rispetto del tempo, non è facile).
Mi ricordo un secolo fa quando ci sono state le primarie vinte da Bersani. Posso dire che molti non avevano capito che era finita un’epoca? Penso che siamo però in una situazione simile. E' necessaria una nuova interpretazione della sinistra e della politica. Il tempo per salvare l’Italia (e Trieste visto che si parla del Trieste 2016 ) è poco, bisogna andare veloci avanti. Così c’è rischio di fare qualche errore, che deve essere recuperabile, ma l’immobilismo è ancora peggio.
I dati non ottimali delle regionali e delle comunali vanno presi come tali, elezioni locali caratterizzate da candidati e caratteristiche locali, dove Renzi non arriva. A livello nazionale i sondaggi danno il PD al 35%, che ci dice che c’è la possibilità di continuare con le riforme, che vadano incontro alle reali esigenze del Paese, da fare assieme.
Dati imprevedibili da considerare attentamente: in Emilia Romagna 63 % di astensione, il M5S vince i ballottaggi con voti alternativamente della dx e della sn; iI centrodestra unito può vincere pur essendo allo sbaraglio; Il PD vince quando i candidati sono riconosciuti come protagonisti locali.
A Trieste il centrodestra è diviso. Ma questo non deve illuderci. Noi dobbiam fare la nostra partita meglio possibile anche per ridare un senso alla politica, non solo per vincere
La destra è divisa, ma singolarmente si muovono molto bene. Sanno intervenire nei media, nei social network e nella tv locale, facendo leva su emozioni, demagogia, non sulla razionalità e mistificando i vari problemi della città, senza un progetto per Trieste. Lavorano sulla denigrazione.
Noi rispondiamo con la buona amministrazione (facendo le nozze con fichi secchi), con motivazioni positive ma scontiamo l’apatia verso la politica più di altri.
Abbiamo ancora tempo, anche se poco, per ribaltare questa indifferenza e togliere i delusi al centrodestra e al M5S, che raccoglie molti giovani adulti, spesso con la protesta fine a se stessa, ma non è ancora pronto con un programma reale di governo della città.
Dobbiamo esserci molto di più come partito anche per ricostruire il senso civile della politica.
COME? Accenno a tre punti, validi anche a livello nazionale, ma pensati per Trieste
1) Una cornice di valori, ideali che possano far risaltare entusiasmo, ottimismo, idee, partecipazione per aggregare su questo e non solo sulla buona amministrazione, che sembra interessare a pochi, visto che le poche risorse non consentono di realizzare tutto quanto vorremmo.
2) Dirigenti e candidati che sappiano presentarsi in base a questi valori, che sappiano trasmettere il nostro modello di società e di città, in base a quanto stiamo facendo, che siano in grado di indicare anche nuove modalità di partecipazione. Trieste è una città ricca di ricercatori, artisti, intellettuali e persone di esperienza in grado di offrire il loro contributo allo sviluppo della città. .
3) Un patto con cittadini e non solo con gli elettori che devono fare l’Italia e Trieste. Non solo delega del voto, ma partecipazione attiva nel cambiamento proposto dal PD e da Renzi a livello nazionale e da Cosolini a Trieste. Rispettare e valorizzare chi fa il suo dovere di formichina. Per vivere tutti meglio a Trieste

giovedì 23 aprile 2015

Non amo le commemorazioni della Resistenza perché...

Non amo le commemorazioni, perché difficilmente ci si può sottrarre alla tentazione della retorica, della effusione sentimentale, della mozione degli affetti. E non amo in particolare le commemorazioni della Resistenza perché si commemorano volentieri cose lontane e morte, e invece la Resistenza è vicina e ben viva. La Resistenza non è finita. Noi viviamo in una situazione che è la conseguenza della Resistenza e anche coloro che la denigrano o la ignorano non possono fare a meno, in quanto vivono e operano in questa situazione, di accettarne i risultati. [...]
Per capire la Resistenza, direi che bisogna prima di tutto sgombrar la nostra mente da un equivoco: che da essa dovesse nascere, tutto d’un pezzo, il nuovo Stato italiano. A coloro che non vogliono più saperne della Resistenza perché in Italia le cose non vanno come dovrebbero andare, c’è da rispondere che la nostra non sempre lieta situazione presente dipende da una ragione soltanto: che non abbiamo ancora appreso tutta intera la lezione della libertà. E siccome l’inizio di questo corso sulla libertà è stata la Resistenza, si dovrà concludere che i nostri malanni, se ve ne sono, non dipendono già dal fatto che la Resistenza sia fallita, ma dal fatto che non l’abbiamo ancora pienamente realizzata.
Dopo dieci anni cominciamo soltanto ora a comprendere di quali enormi difficoltà sia irta la vita di un regime libero. Abbiamo imparato che un regime di servitù, quand’è giunto al momento della sua esasperazione, si può strozzare in poco tempo, ma la libertà per consolidarla ci vogliono decenni. Per uccidere un malvagio, basta un tratto di corda. Ma per fare un uomo onesto, quante cure, quanti affanni, quanti sacrifici. E poi, qualche volta, nonostante la buona volontà, non ci si riesce neppure. Questa lezione, se l’abbiamo bene appresa, dovrebbe consigliarci un atteggiamento: quello della modestia di fronte ai compiti giganteschi che ci attendono, dell’abbandono di attese messianiche, della serietà dell’impegno nell’opera comune, della vigilanza operosa. Non c’è che un modo per realizzare la Resistenza: ed è quello di continuare a resistere. Di continuare a resistere, ogni giorno, agli allettamenti che ci vengono dagli sbandieratori di facili miti o dagli amanti della confusione mentale; alle passioni incontrollate che ci spingono ora a destra ora a sinistra a seconda degli umori e degli eventi; alla seduzione della pigrizia che ci getta in braccio allo sconforto e ci rende inattivi e indifferenti. Un regime di libertà non si crea coi miti, ma con la chiarezza mentale applicata ai problemi socialmente utili; non si crea neppure con le passioni scatenate, anche se sublimi, ma con la moderazione del giudizio, con il controllo di sé, con la disciplina mentale; e neppure con la indifferenza ma con la partecipazione attiva ai problemi del nostro tempo.
Si dice che per smuovere gli inerti ci vuol entusiasmo, e per suscitare entusiasmi ci vogliono miti. Ma a me pare che non ci sia nulla di cui valga più la pena di entusiasmarsi che la costruzione di una convivenza civile, in cui vi sia meno corruzione, meno furberia, meno spirito di sopraffazione, e maggior rispetto delle opinioni altrui insieme con maggiore riserbo nella espressione delle proprie. La democrazia è una scuola di realtà. Chi vive nelle nuvole ed è prigioniero dei miti non è un buon democratico. L’utopismo può essere una buona arma contro la dittatura. Ma quando la società democratica è costituita o per lo meno è avviata, l’utopismo diventa un ostacolo. Non so quanto il maggior contatto con la realtà che la vita democratica richiede abbia influito sulla nuova arte che si dice realistica. Lascio ai competenti di giudicarlo. Mi limito a constatare che il crollo del fascismo ci ha liberati dalla nuvolaglia di pregiudizi da cui eravamo fasciati e ci ha fatto toccar terra. E questo è per me uno degli effetti salutari della Resistenza. Quanto siffatto spirito realistico possa giovare alla nostra cultura, non ho bisogno di ribadire. Una cultura diretta dall’alto ha paura non soltanto della libera fantasia, ma anche della solida realtà. Del resto fantasia e realtà, che nel linguaggio comune sembrano due termini antitetici, nel dominio dell’arte sono strettamente connessi. Ci vuole ricca fantasia per essere buoni realisti: altrimenti si è dei copiatori. E bisogna aver gusto e senso delle cose reali per avere una fantasia creatrice e non soltanto un’oziosa immaginazione.
In una situazione di oppressione della libertà, la paura della realtà genera due diversi atteggiamenti: quello della cultura ufficiale che la realtà deforma o decora, e nasce la pseudo-cultura dei retori; quello della cultura eretica, che non si vuol lasciar sopraffare e per sopravvivere è costretta ad evadere; e nasce la cultura, inquieta o torbida, dei decadenti. In altra occasione ho parlato di questo impasto di retorica e di decadentismo che fu la cultura in Italia al tempo fascista. Sono stili e modi di sentire connessi tra loro assai più che non si pensi. Sono entrambe forme caratteristiche di antirealismo. Quando si trovano insieme nello stesso personaggio vien fuori il poeta della generazione fascista: Gabriele d’Annunzio. E quando sono separati l’una dall’altro camminano parallelamente ma si tengono per mano. Si passa con fastidiosa monotonia dalla cultura melensa dei retori a quella esoterica dei decadenti o gerarchi o ermetici. Ora, se la società democratica è quella in cui ogni individuo ha il diritto e il dovere di dare il proprio contributo alla vita del paese, ognuno deve prender contatto con la realtà che lo circonda, deve sapere esattamente, senza finzioni e senza illusioni, quale sia la sua posizione e quella degli altri. In una democrazia non si possono tollerare gli assenti. O per lo meno, se un giorno gli assenti dovessero diventare la maggioranza, la democrazia avrebbe cessato di esistere. E se il risultato di questo maggior contatto con la realtà sarà la scoperta di tutti i vizi tradizionali del nostro carattere e di tutte le miserie della nostra storia, l’effetto non potrà essere se non salutare. Purché non ci si soffermi nel compiacimento morboso dei mali, ma ci si adoperi per medicarli. Vi sono due modi di scrutare ciò che vi è di malvagio negli uomini: quello del decadente che se ne compiace e quello dell’illuminista che prende atto e combatte per instaurare un mondo migliore. L’ideale dell’uomo di cultura per una società democratica in cammino non è il decadente ma l’illuminista.
In una bella immagine Albert Camus paragona la storia a un grande circo in cui si svolge da sempre la lotta tra la vittima e il leone. Troppo spesso gli uomini di cultura sono rimasti fuori del circo come se lo spettacolo non li riguardasse. Qualche volta sono entrati, ma si sono seduti sulla gradinata a far da spettatori. E se qualche segno di partecipazione hanno dato, è stato quasi sempre per far l’elogio del leone che ha sempre ragione; e se qualche parola hanno rivolto alla vittima è per spiegarle che il suo destino era quello di farsi mangiare. Oggi non più. Oggi, dice Camus, gli uomini di cultura devono rendersi conto che il loro posto non è più sulla gradinata ma dentro l’arena. Essi sanno che se la vittima soccombe anch’essi saranno divorati. Sono, come si ripete oggi, impegnati. Impegnati a far sì che nel futuro vi siano meno vittime e meno leoni. NORBERTO BOBBIO

venerdì 6 marzo 2015

Dal gioco alla paura


Violazione, intimidazione, violenza,difendere l’integrità, prevede l’assoluta libertà di scegliersi il sesso a capriccio, immorale, anche se non ancora ideologica, l’ideologia esplode rovinosa,  contrastare le leggidella natura, capriccio, del piccolo piacere immediato”.
Cosa abbiamo combinato affinché due lettori che immagino integerrimi usino simili paroloni su Vita Nuova per attaccare il Comune? Semplicemente è stato proposto nelle scuole il “gioco del rispetto” con tutti i crismi di legge e del rispetto delle varie sensibilità. È stata proposto un gioco per far conoscere ai bimbi e valorizzare le pari opportunità” che significa eguaglianza dei diritti, non certo fisica e psicologica. In genere non mi piacciono alcune forzature sulla parità di genere e spero sempre che siano le donne a evitarle. Temo sempre dotte disquisizioni che non son altro che sfogo di ossessioni senili o di esclusione sociale. Pertanto non mi addentro in tali disquisizioni. Credo che un sereno confronto con i promotori dell’iniziativa potrà aiutare i due lettori a la bontà e le buone intenzioni di questa iniziativa.

sabato 17 gennaio 2015

Per loro due è finita bene. Ma abbiamo imparato qualcosa?

Le due liberate:“Italia, chiediamo scusa”. “Le due ragazze varesine rapite in Siria sono finalmente a casa. Ricordo che il padre di una di esse, all'epoca del sequestro disse che non ragionano con il cervello ma con il cuore. Concordo, di cervello ne hanno avuto poco (ndr io direi anche chi le ha aiutate a partire), ma da qui a lasciarle sgozzare da quei macellai ce ne corre”. E con questa alta considerazione di Angela, spero che almeno qualche buonista di sinistra la smetta di far apparire sprovveduto e ingenuo tutto il movimento per la pace e la solidarietà. La pietà e la vita umana sono prevalenti. Ma per essere soggetti provvisti di pietà e volendo definirsi di sinistra ( ahimè è anche questa la discriminante) dobbiamo dire che faremo sempre come in questo caso? A partire dall'opportunità di lasciar andare due poco più che bambine, senza professionalità, in una zona di guerra, senza copertura? E pagare riscatti a chi li usa per fare altri rapimenti e stragi? Ora si nega il pagamento del riscatto. Come per tutti gli altri casi. Per non irritare gli Stati alleati che hanno deciso di non pagar il riscatto per non alimentare finanziariamente il terrorismo. Non certo per colpevolizzare i cooperanti. Pagare o meno scelta etica difficilissima. Evitare di porgere la mano al serpente velenoso è più facile. Tra l'altro, c'è in Italia una legge che impedisce di pagare il riscatto in caso di sequestro di persona. 
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lunedì 12 gennaio 2015

Basta con le vignette blasfeme, forma di intolleranza e razzismo

Ieri e tre giorni fa ho scritto qualcosa sui  fatti di Parigi.Non mi sono espresso contro la libertà di opinione, né ovviamente giustificato in alcun modo i terroristi, ma contro l'opportunità di creare ulteriori occasioni di feroce scontro tra comunità.  Ho pensato che questo avrebbe creato la pronta risposta di chi crede che essere di sinistra sia sempre a favore di ciò che è "giusto" a prescindere, dimenticando che anche la giustizia non ha un'unica verità. Ho trovato una sorpresa però, una spiegazione perché i DS hanno perso e io con loro, tutto sommato: presunzione e supponenza devono accompagnare la loro cultura. Sotto trovate l'articolo di F Camon (dal Piccolo di oggi) sulle vignette blasfeme. Penso porti buoni argomenti al dibattito che non credi si arresterà qui. Temo che avremo altre occasioni di parlarne.
IO DISAPPROVO
LE VIGNETTE
BLASFEME
di FERDINANDO CAMON

 Domani torna in edicola il settimanale francese che ha pubblicato le vignette per le quali i jihadisti hanno fatto la strage. È seguita la caccia ai killer, la loro uccisione, il corteo di solidarietà da parte di molti governi, anche islamici, alcuni dei quali illiberali in casa propria
 Parigi è stata una scena mondiale, e tutti han voluto esibirsi. Ma domani il giornale continuerà con le stesse vignette? Tutto fa pensare di sì. E i jihadisti s’offenderanno di nuovo? Non si vede perché no. Dunque, siamo da capo. Sui disegni satirici ci sono stati anche pareri discordi. Per il Financial Times erano incauti e inopportuni. Per Telegraph, Nbc News e un’altra dozzina di testate la satira non può offendere i sentimenti religiosi. Il New York Times ha ricordato che in America vignette di questo genere non escono. Forse non c’entra nulla, ma Obama non s’è fatto vedere alla manifestazione di Parigi. I disegnatori dicono: la libertà di parola contiene la libertà di blasfemia, se non c’è questa non c’è quella. Non è vero. Se un filosofo vuol dimostrare che Dio non c’è e scrive la Critica della Ragion Pura, noi leggiamo il suo libro e, consentendo o dissentendo, gli siamo grati. Ma se uno gira per le strade bestemmiando come un turco e qualcuno lo denuncia, il denunciante esercita un diritto e il bestemmiatore no: libertà di parola non significa libertà di bestemmia. In Italia, com’è noto, la bestemmia è un reato. Se un regista vuol presentarci un Cristo che è un grande uomo ma non è un Dio, come ha fatto Pasolini col Vangelo secondo Matteo, il suo film può sedurre anche i credenti ed essere premiato dall’Office Catholique. Ma se un regista, per dimostrare che Cristo era soltanto un uomo, lo fa convivere con una prostituta che si chiama Maddalena, e inizia il film con Maddalena che esercita il suo mestiere e riceve i clienti, mentre Cristo la osserva seduto per fare il voyeur, questo regista, anche se si chiama Martin Scorsese, fa un’opera che non fa ragionare i credenti ma gli sputa addosso. Non dite: «Ma bisogna pagare il biglietto per vedere quelle scene», perché non è vero: le foto e le scene finiscono sui giornali, sui settimanali, negli spot pubblicitari e ti seguono ovunque. Quando Isabelle Huppert recita «Ave Maria, piena di m…», penso che il regista non fa nessuna opera d’arte o di pensiero, ma semplicemente, e con gioia, bestemmia. I cristiani sopportano molto, anche troppo, ma gli islamici no. Per questo la satira contro i cristiani è così frequente. Ora, veniamo al problema principale: gli islamici credono che il Corano “è” Dio: la peggior sofferenza che gli americani gl’infliggevano a Guantanamo era buttare per terra il Corano e pisciarci sopra. Era una tortura. I vignettisti parigini che disegnano sulla copertina un imam che esclama: «Il Corano è una merda», infliggono agli islamici la stessa tortura. Non vedo con quale diritto. Moravia diceva: «Chi ragiona così è un fobico, e un fobico non può governare la società». È vero. Chi crede in qualcosa di sacro e non vuole che sia violato, è un fobico. Ma chi lo vìola per divertimento è un sadico, può un sadico governare la società? Siamo tutti malati di storia e d’ideologia, non possiamo cercare una convivenza? Nel caso di Maometto, il problema è semplice: noi non sentiamo la sacralità di Maometto, è un nostro diritto. Ma ci sono popoli che la sentono: è un loro diritto. Se io visito una moschea, non prego Allah ma mi levo le scarpe e non sputo per terra. Credo che possiamo condividere una conclusione: una cultura deve portare l’uomo a rispettare gli altri, se lo porta ad offenderli è sbagliata. Le vignette sono sbagliate. E una religione deve portare l’uomo ad amare gli altri, se lo porta a ucciderli è sbagliata. Il jihadismo è inammissibile. fercamon@alice.it 

Satira sì, ma senza superare il limite

Io non sono d'accordo con la pubblicazione di ulteriori vignette blasfeme. E' un'inutile provocazione, che colpisce la sensibilità anche dei musulmani moderati e in caso di ulteriori possibili attentati, ne potranno andar di mezzo persone incolpevoli e ignare. La funzione della satira è smitizzare e deve avere un limite senza necessariamente arrivare all'autocensura. Il limite? Quando i risultati negativi superano quelli positivi. Altrimenti è accidia.
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venerdì 2 gennaio 2015

L'Italia "migliore"

Rosanna Michelazzi mi invita a mettere il "mi piace" sul post di M5SUNICASPERANZADITALIA, dove Napolitano viene messo al centro di un anfiteatro e il "popolo" decide col pollice se deve morire o meno.Forse, da vecchi amica, vorrebbe redimermi dalla speranza che questo Paese possa ritrovare dignità e fiducia nel futuro. Pensa forse che solo i forcaioli ci salveranno. La cabina di regia del M5S ha contribuito a incanalare la rabbia qualunquistica lontano (per ora) dall'estrema destra, identificando il nemico nel Pd e nei suoi rappresentanti. Mica Berlusconi e la sua triste corte sparsa per l'Italia.. Ma sta creando un rancore di un consistente  numero di arrabbiati col mondo, solamente per dar sfogo ai suoi problemi. Raccoglie i delusi dall'italianità di questa politica alimentata da 20 anni di Berlusconismo, ma anche da fatti storici nei quali nessuno, proprio nessuno, può chiamarsi fuori.Triste. Io posso solamente fare in modo che la democrazia possa sempre vincere, lavorando con la massima serietà che possiedo. Assieme a molti altri. . Avete forse qualche altra idea?
Anna Maria de Chiara Proporrei questo con tanta gioia  
Walter Gumiero se ricordo bene intervistato da un giornalista tedesco al ritorno dal parlamento europeo il caro presidente preso sul fatto per dei rimborsi gonfiati del 700% per spese di viaggio lo minacciò dicendole che avrebbe chiamato la polizia ! questo è un furfante da sempre !!!
Bianca Maria D'Oriano Verme sparisci dalla faccia della terra
Raffaele Pala Schifoso.....pappone 
Aurelio Laugelli Napolitano!! Solo un succhiaminchia!
Dino D'orazio A morte...
Giò Smith qua l'unico indegno sei tu, bastardo di un massone pseudo-comunista Dovresti espatriare, bastardo: ma dubito che qualisiasi paese potrebbe concederti asilo (tranne forse se fai come bettino e gli porti il valigione con i soldoni che ci hai rubato, LADRO).
Antonio Lovecchio Pezzo di merda tu e tutta la tua famiglia nipoti conpresi
·                                 Marcello Blasi figlio di vakka
Roberto Tiezzi speriamo in una sua veloce dipartita..... per sempre....
Giacoma Ambruoso che tu posso fare una morte con tanta sofferenza che nemmeno tutti i tuoi soldi potranno alleviare
Cristiano Capati Roberta Barbini che te possa scoppia'
Franco Parlato I miei migliori auguri che possa crepare presto male e non in pace