martedì 29 marzo 2016

Come rispondere a una lettera di 30 elettori di sinistra

Quando ho letto il titolo dell’articolo riguardo alla lettera di trenta elettori di sinistra,  definiti intellettuali e medici antirenziani, ho pensato a un’ulteriore inutile polemica. Mi è sembrato che si ritornasse al vecchio tema dell’intellettuale, teorico e presuntuoso, che ha condizionato nel bene e nel male la sinistra, mentre il termine antirenziano mi ha ricordato la sterile contrapposizione di chi ha perso e non ha nulla di nuovo da proporre. Nella lettera c’è un po’ di antirenzismo, ma ci sono soprattutto punti condivisibili con chi pensa alla democrazia come a una casa comune, tanto che sarebbe un peccato liquidare con una semplice replica. 
Si tratta invece di un elenco dei temi che ci sono noti e che quest’Amministrazione Comunale sta affrontando dando risposte ai tanti problemi della città, con gli attuali mezzi a disposizione. Cito solo uno come esempio, quello della marginalità ed esclusione, dove la spesa per il sociale è la più alta in Italia. Si può sempre far meglio, certo. Mi chiedo però se il condizionale insito nella lettera,” si dovrebbe fare”, aiuti realmente a risolvere i problemi segnalati. Infatti rilevo due limiti: non spiega perché non si riesce a fare e invoca una partecipazione dal basso, quando la base è la prima a non essere interessata. Questo succede spesso perché nel primo caso prevale la teoria e nel secondo si tratta di discussioni infinite che prevedono risposte troppo nette, tutto o niente. 
A parte ciò, apprezzo comunque le intenzioni e lo stimolo. Potremo fare meglio, ancor di più se chi ha idee e braccia ci dà e ci darà una mano. Dobbiamo però considerare che è cambiata la struttura della società rispetto a come l’abbiamo pensata e forse idealizzata. Servono ora idee e strumenti adeguati a quella attuale, avendo ben chiara la direzione che intendiamo seguire. Non basta ritenere di essere nel giusto, se le proposte non vengono recepite dai cittadini come sperato, in quanto questi hanno l’ultima parola. 
Senza entrare nel merito di tutti i punti, inviterei il gruppo dei trenta a un incontro per chiarirci le idee su queste proposte e affrontare le singole problematiche assieme. Abbiamo fatto un lavoro insufficiente o il massimo possibile, in base alle risorse umane ed economiche disponibili? Partiamo da quanto fatto sinora, per un confronto sulle alternative e cosa si propone di introdurre nel programma della coalizione di centrosinistra.

La lettera. >  Facciamo parte di un gruppo regionale di elettori di sinistra, proveniente da diverse esperienze e con pluralità di opinioni, uniti dalla convinzione che sia necessario riconquistare uno spazio di discussione politica fuori dai circuiti chiusi in cui questa è oggi confinata sino a diventare prodotto di consumo promosso con tecniche di marketing indirizzate ad ottenere un consenso soprattutto emotivo. 
Mancano percorsi di partecipazione, luoghi di approfondimento, momenti di verifica della realizzabilità di idee e progetti. I partiti si sono trasformati da centri di elaborazione politica in comitati elettorali permanenti. Il governo ha smarrito un’identità di centro-sinistra e il Pd ha perso di vista le proprie ispirazioni costitutive, surrogate da un pragmatismo “post valoriale” dal sapore tecnocratico. 
Crediamo tuttavia che non ne consegua un’automatica pregiudiziale per tutte le esperienze territoriali di centro-sinistra. Quando esistano le condizioni, esse meritano di essere sostenute ed estese sulla base di una condivisione progettuale frutto di percorsi partecipativi e da un pluralismo capace di fare sintesi tra proposte nate da visioni diverse.
Abbiamo valutato in modo complessivamente positivo l’opera dell’amministrazione comunale uscente, anche se, ovviamente, non mancano motivi di critica su singole scelte. Proponiamo dunque al candidato sindaco del centro-sinistra di aprire il confronto programmatico oltre il perimetro dei partiti per ascoltare idee e proposte che nascono “dal basso”, nel nostro caso da un circuito informale di discussione caratterizzato dall’impegno civile e professionale di ciascuno di noi. Vi sono molti temi da affrontare, ma ci pare necessario concentrare l’attenzione su alcune priorità. 
Innanzitutto l’urgenza di dare risposte alle esigenze dei giovani, arricchendo il percorso di studi con l’offerta culturale, creando spazi di aggregazione, offrendo la disponibilità di abitazioni in affitto a basso costo e sperimentando percorsi per l’inserimento al lavoro che sappiano coniugare le occasioni che il territorio può offrire con gli strumenti istituzionali, a cominciare dal reddito regionale di inserimento.
Poi la lotta a marginalità ed esclusione, che rischiano di diventare condizioni generali nelle periferie geografiche e sociali della città, sottraendo alla vita collettiva identità, energie, idee. Servono politiche attive di solidarietà e aggregazione sociale, con attenzione anche all’esigenza di promuovere l’invecchiamento attivo, nelle quali l’offerta culturale può svolgere un’importante funzione. 
In terzo luogo occorre combattere la caduta etica del Paese nei piccoli e nei grandi comportamenti: la prossima amministrazione dovrebbe farne un punto qualificante della propria azione attraverso un codice etico che riguardi gli amministratori, regole che evitino conflitti di interesse e proliferazione degli incarichi, l’individuazione di prassi e procedure capaci di favorire trasparenza amministrativa, e la promozione di una specifica cultura della legalità come fattore di coesione sociale. 
Quarto capitolo è quello della politica ambientale, per il dovere di preservare il primo patrimonio di un territorio, ma anche perché l’ambiente costituisce una grande potenzialità per uno sviluppo armonico ed equilibrato della città intera e la precondizione per rafforzare la sua vocazione turistica. È indispensabile perciò aumentare la superficie delle aree verdi, tutelare gli ambiti naturali pregiati e investire sulla fruibilità escursionistica e cicloturistica di luoghi e percorsi sul mare e sul Carso. Sul versante dell’apparato produttivo, in particolare della Ferriera, è necessario trovare un equilibrio tra esigenze ambientali ed occupazionali. Il piano industriale sorretto dall’accordo di programma è concreto ed ambizioso ma va tarato, per quanto riguarda l’area a caldo dello stabilimento, sul rigoroso rispetto delle norme che regolano l’impatto ambientale, prevedendone, in caso di incompatibilità, la chiusura. 
Ultimo, ma non meno importante, la qualità di un lavoro oggi ridotto a mero fattore della produzione, privo di soggettività e dignità. È necessario invertire il processo a livello nazionale e promuovere, per quel che riguarda il territorio, buone prassi che valorizzino competenze e professionalità. Le imprese sono chiamate a recuperare consapevolezza del proprio ruolo sociale nei confronti dei lavoratori e della città che le ospita, superando la mera logica del risparmio e proponendosi come luogo di innovazione nei processi produttivi ma anche nelle relazioni industriali, capaci cioè di produrre valore sociale e non solo economico. 
Franco Belci, Pino Roveredo, Luciano Santin, Andrea Zhok, Marisa Zoppolato, Andrea Boltar, Roberto Simeone, Renzo Bonn, Pierluigi Sabatti, Attilio Frizzati, Luciana Panetto, Cinzia De Corti, Elio Gurtner, Roberto Mezzina, Daniela Bais, Alessandro Carrieri, Adriana Merola, Luciano Del Rosso, Gianni Stavro di Santarosa, Leonardo Calici, Fabrizio Monti, Livio Dorigo, Franco Cecotti, Enrico Ferrero, Michele Belci, Cynthia Bonato, Tullia Catalan, Massimiliano Borghesi

mercoledì 23 marzo 2016

Che fare dopo Bruxelles

Che fare dopo Bruxelles. 1) Sicuramente mantenere la calma, non farsi prendere dal panico, che è quello che vuole sempre il terrorismo. 2) Più intelligence, meno uomini per le strade tanto invocati dai populisti anche a Trieste; Bruxelles ne era piena e non è servito a niente, hanno fatto i manichini 3) Dare un’identità più chiara all’Europa, possibile e necessario non solo perché c’è il nemico che prima non c ‘era (l’ISIS), ma per costruire un progetto comune che la renderebbe più solida e non fragile come adesso. 4) In Italia? Dare un senso al’unità democratica del Paese. Qua sarebbe bello aprire un bel percorso. Basterà quello che porta al referendum sulle riforme costituzionali? Utile, ma non sufficiente, se resteranno motivi di divisione ed estraneità.