martedì 2 aprile 2013

La moralizzazione della politica e i buoni programmi per lo sviluppo secondo Morelli

Concordo con molto di quanto scrive oggi Roberto Morelli sul Piccolo, meno il suo assunto: la mera moralizzazione delle spese dei partiti rischia di essere fuorviante rispetto alla necessità di presentare serie proposte per lo sviluppo. Quando parlo con amici e conoscenti, trovo in quasi tutti un crescente scetticismo verso i politici, ritenendoli “tutti uguali “, poco propensi ad affrontare i problemi del paese, perché più interessati a difendere le loro carriere e i soprattutto i loro privilegi. La cronaca è ricca di esempi in questo senso. I programmi si ripetono da tempo come slogan che appaiono sempre più vuoti, anche perché raramente si è dato seguito alla risoluzione dei problemi. È vero che le numerose sollecitazioni a moralizzare la politica sono state recepite dai partiti debolmente e tardivamente, tanto da suscitare un legittimo scetticismo come segnala Morelli, anche perché il ridimensionamento dei contributi ai partiti non recherebbe un significativo vantaggio per l‘economia dell’Italia. L’elettore sceglie un partito in rapporto ai programmi e soprattutto alla credibilità e alla fiducia di chi li propone. Se queste ultime non ci sono, come gli stessi politici ogni tanto avvertono, non c’è neanche l'interesse da parte loro a presentare programmi che necessariamente sono complessi e devono affidarsi alla credibilità dei politici, che è debole. Programmi ben precisati (casomai tutti i partiti fossero in grado di presentare) creerebbero ancora più scetticismo e fratture nell'elettorato. Una spirale da cui uscire solamente con la buona politica, cioè credibilità e buoni programmi 

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